Nata intorno al settimo e ottavo secolo, prima dell’avvento dell’islam, la musica araba più delle altre ha avuto diffusione con le sue melodie inconfondibili.
Il mondo arabo ha sviluppato un sistema musicale ricco di variazioni per gli apporti delle culture e dei paesi che ne fanno parte, riprendendo molte caratteristiche della musica dell’antica Grecia. Ha avuto il periodo di massima diffusione nel Medio Evo, quando in opposizione alla decadenza europea l’Islam attraversava uno dei suoi momenti storici più fulgidi, e la musica si diffondeva equiparata alle altre scienze delle scuole siriane e turche.
Questo periodo durò fino al sedicesimo secolo, quando la Siria e l’Iraq caddero sotto il dominio dei turchi. Per il mondo arabo fu un periodo di declino spirituale e culturale. Tuttavia l’influenza dei turchi e dei persiani non fu così negativa, infatti nel diciannovesimo secolo ci fu una vera e propria fusione tra le tre culture musicali, creando una grande varietà di stili e generi.
La caratteristica della musica araba è che la melodia, ovvero il canto, può viaggiare liberamente senza sottostare a rigide regole armoniche e servendosi di molte più note rispetto a quelle disponibili nella cosiddetta musica occidentale.
Non preoccupandosi di dover mescolare insieme strumenti e voci secondo melodie diverse, gli arabi danno massima libertà all’artista, offrendo una grande varietà di intonazioni.
La musica, accompagnando fin da subito gli incontri di danza del ventre, amplifica le potenzialità terapeutiche di quest’ultima, essendo di per se stessa un elemento benefico e curativo.
Essa infatti possiede alcune peculiarità, da lungo tempo studiate nell’ambito della musicoterapia, che hanno specifiche influenze fisiche e psichiche globalmente definite “effetto di rilassamento”.
Il “cuore della musica orientale” batte ritmi distensivi, pacificanti e tranquilli ma, allo stesso tempo, rallegranti i quali attivano facilmente una risonanza sui nostri ritmi fisiologici che tendono ad entrare in sintonia con essi.
Ne conseguono emozioni positive e sentimenti salutari come serenità, gioia, senso di fiducia nelle proprie abilità e intimità con se stessi, che dipingono di nuova luce persino i volti delle esordienti che decidono di sperimentare le prime lezioni di danza orientale. Forse sono proprio espressioni come queste che, catturate sui volti delle danzatrici orientali, hanno generato nuove denominazioni di questa disciplina nota anche come “danza della felicità”.
Il rilassamento è agevolato anche dalla strumentalità tipica in queste musiche flautate e piene di suoni ritmati, vibrati e profondi, prodotti da strumenti a corda, a percussione o aerofoni, lontani dagli interessi e dalle consuetudini musicali occidentali ormai piene di chitarre elettriche e suoni ottenuti da sintetizzatori.
Inoltre diversi studi neuropsicologici, compiuti grazie all’ausilio di moderne tecniche di bioimmagine, hanno evidenziato come in tali melodie le combinazioni sonore inarticolate e talvolta ripetitive stimolano la creatività dell’inconscio attraverso l’attivazione di diverse aree dell’emisfero cerebrale destro, deputato alle attività immaginative.
La musica orientale è quindi, nella danza del ventre, il primo passo verso il recupero di aspetti spesso
sovrastati dalle richieste logiche e razionali che la vita attuale ci rivolge costantemente.
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